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Copyright Damian Petroll
In questa speciale serata si unisce alla Philharmonia Orchestra London in uno tra i concerti più popolari della storia. Composto mentre Rachmaninov si riprendeva da anni di depressione e blocco dello scrittore, il suo Secondo Concerto per pianoforte e orchestra è un appassionato sfogo di creatività, ricco di memorabili melodie. La Avdeeva suona il primo accordo del Moderato senza troppe cerimonie, quasi impaziente di iniziare, intrufolandosi nel silenzio appena creato dopo l’applauso iniziale.
Le prime battute risuonano come rintocchi di campana, ognuno più forte e più incalzante del precedente, sfociando in una cascata di arpeggi seguiti immediatamente da un ampio tema all’unisono dei generosi archi. Lungi dal sovrastare il pianoforte, il tema dell’orchestra rimane sospeso mentre il virtuosismo della Avdeeva brilla. L’Adagio sostenuto si apre con gli ottimi e struggenti assoli del flauto e del clarinetto, che fluttuano sugli arpeggi vaganti del pianoforte. In risposta, la pianista russa accarezza teneramente ogni tasto come se le sue dita fossero fatte di piume. Quando il tema passa dal pianoforte agli archi, l’orchestra non si trattiene e nemmeno lei lo farà, quando la melodia si riversa in un’agitata cadenza che attraversa quasi l’intera tastiera del pianoforte. Il movimento si chiude con l’orchestra che si spegne gradualmente, una voce alla volta, come aspettando pazientemente che gli ultimi echi del pianoforte risuonino nel silenzio. Ci pensa l’Allegro scherzando a cambiare l’atmosfera con i suoi staccati leggeri e pungenti in netto contrasto con le linee fluide del secondo movimento. Qui sia Rustioni che Avdeeva sprigionano un’energia esuberante e fresca: i talloni di Rustioni si sollevano da terra a tempo con la punta della sua bacchetta e le dita della Avdeeva danzano agilmente sui tasti. Il movimento riporta e sviluppa i temi ormai familiari del primo e del secondo movimento, incarnando l’abbondanza, il lirismo e la fantasia che oggi associamo a Rachmaninov e all’apice del romanticismo. Il pezzo culmina in un climax intenso e trionfale che porta, naturalmente, a un fragoroso applauso.
Il programma è coronato da una delle opere più celebri di Beethoven. All’inizio del XIX secolo, Beethoven inizia a diventare sordo, ma, superata la disperazione iniziale, è determinato a trovare ispirazione e stimolo nella sua arte. Uno dei primi frutti della sua reazione è la gloriosa e rivoluzionaria “Eroica”. La lettura di Rustioni è piena di energia e di spirito contagioso. Dalle battute iniziali in poi, il suono dell’orchestra è nitido e tutta la concentrazione e dedizione dei musicisti è palpabile. Gli onnipresenti Sforzando di Beethoven hanno mordente, i corni sono brillanti, gli archi leggeri e scattanti, e Rustioni riesce a trarre dai suoi orchestrali i più sottili pianissimo e i più enfatici fortissimo. La Marcia Funebre è opportunamente cupa e intrisa di un senso di lutto, ma risoluta. Gli archi offrono una superba interpretazione, raggiungendo un climax più che …